cerca la perfezione ma non esigerla né da te né dagli altri
la perfezione è l’orizzonte che sempre si sposta, accetta che ci sia l’oltre
t’accorgerai che la felicità è già il vento nelle vele, il tagliare le onde
gioia o noia dipende da come tu vedi il tuo passo alla cima
dai tempo alle cose fatte in fretta diventano pericolose
ama le imperfezioni del tuo amore se servono a capire le tue
a tornare da lui/lei con la supplica sul piatto di migliorare il tuo/suo cuore
dalle tue natiche si innalza l’ascesa
l’eterna sorpresa è che dalle tue natiche si innalza l’ascesa
come dal bulbo nasce un giglio che dice mi piglio il cielo
scompiglio così tutte le credenze che terrebbero tutto separato
vivo nel corpo tutto quello che attorno è stato creato
sostengo che l’acqua è fuoco e il fuoco è acqua se è vero
che nella fiamma ritrovi i colori dell’arcobaleno che è luce e ponte
l’importante è cucire le cose e lasciarsi cucinare in buon brodo
Alberto Sighele
da una natica alla cima dei capelli
respiro lentamente e continuo accarezzandoti la schiena su e giù
da una natica alla cima dei capelli discendi all’altra natica anche tu
da una narice mi sali calda al cervello, mi discendi fresca dall’altra
un zig zag di catena di montagne che diventa ormai fuga di colline
è vibrazione il respiro, la carezza, l’orizzonte. Ci troviamo nuovamente
di fronte all’unità del tutto. E sarebbe sciocco non coglierne il frutto.
É il flusso che ha concepito il creato e tutto quello che esiste continua.
Alberto Sighele
prime 3 strofe del 2° canto IL DUE
l’uno era uno, ma non sapeva di sé,
era nessuno, non si riconosceva.
Poi è venuto il due, tu,
l’onda, il respiro, la culla, l’incontro.
E mentre ti vedo e ti
tocco, ecco, capisco chi sono.
Il mio occhio, lo specchio, si
risveglia nei tuoi occhi e sorride.
Che bello capire che quello
che capita a me è lo stesso per te.
Adesso ognuno, nel due,
capisce se stesso, siamo specchio.
L’onda definisce l’unità e la
dualità delle cose, il flusso e il tutto
il due sei tu ed è nudo, perché
unico scudo è lo specchio.
In te vedo me e questa simmetria è
l’anima mia.
Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a
te,
non è solo specchio. E’ la migliore difesa lo scudo di essere
nudo.
E mentre ciascuno si allena a vedere sé nell’altro,
superi
l’ego e scivoli nell’anima che è la tua vera identità,
quella
che sa tutto di te perché è l’anima tua e del mondo
così il due è la luna, lunedì, sei
tu, la mia fortuna,
che rifletti il sole, sei specchio al giorno,
già di ritorno.
L’acqua che muove le maree, che ritma le semine
Dal dispari al pari,
partorisce la molteplicità, la discendenza.
Senza due non c’è niente,
è linfa, foglia, frutto, è tutto lo
scorrere della vita, è Eva,
epifania, fantasia, Shakti, energia,
Marta e Maria, Maddalena,
la seconda ruota salendo la schiena,
l’onda, la sponda, il dono
pandemia ossessione dell’ego pura follia
ringrazio la Cina per Mao il secolo scorso, da sempre del Tao
la disprezzo per quello che ha fatto al Tibet e al dissenso interno, l’inferno
la ringrazio per lo yin e yang che unisce la tenerezza al big bang
non accetto il segreto di stato sulla pandemia, ossessione dell’ego
pura follia in contraddizione con l’universalità del Tao e della saggezza antica
dico al cinese e ad ogni paese, se vogliamo salvarci il segreto
è camminare sul ciglio al precipizio di andare in avanti tornando all’inizio
Alberto Sighele
le piaghe d’Egitto
dove il difficile diventa facile
l’uno
è verticale il due è la curva il tre la ruota pausa
il cinque
la spirale il sei il cono il sette il cielo pausa
se il cuneo e
l’imbuto l’impluvio del sette ti apre il cielo cosa
nasconde la
pausa? Il quattro è la quadratura del cerchio la causa di tutto
il
cuore dove il difficile diventa facile perché secondo natura
il
mezzo da dove si espande tutto il vortice il seme della spirale
da
cui scende lo splendore della pioggia dei mille doni il livello più
bello
dove gli originali due si denudano
se il tuo corpo è tutto acqua concentrati nella prima goccia
se la tua anima è amore cerca gli originali due dove si denudano
se il tuo respiro viene da fuori preoccupati della purezza di api e fiori
se il tuo cibo è trasformazione vedi da dove viene quella forma
se il tuo cuore batte chiediti dove sia la sua energia
se il tuo pensiero è accavallarsi di onde delimitane le sponde
se tra pazienza e speranza ti facessero decidere non ucciderle dividendole
Alberto Sighele
uno (primo dei 7 canti)
uno
Uno è uno, e nessuno è solo, se è uno con l’universo. Questo
è il primo e ultimo principio, quello dell’unità, della felicità.
Qui c’è l’anello tra tempo e eternità, passato e futuro. Qui sta
che tempo e spazio sia qui ed ora, qui ti chiama chi ti ama:
il Buddha, Gesù, il Profeta e gli altri saggi. I raggi del sole.
Rosso come il centro della terra, sotto il tuo osso sacro. Avvolto
nelle tre spire e mezzo. La maniglia, che tu lo, le faccia ripartire in su.
La meraviglia. Dall’alto, dalla nascita, ti è stata depositata laggiù la madre:
la Kundalini, la tua natura, sole che devi risvegliare e far salire dalle tre spire
alla sommità della testa. Dove solo ti resta di aprirti gioiosamente al tutto
nel fiore di loto, nel sabato del sette. Questo è quello che deve
venir fuori dal tuo Sonntag, Sunday. E il vortice che risucchia su tutto è il cuore.
La tua coscienza è lo strumento, ed è tutto dentro te. Azione da meditazione.
Tutto l’universo aspetta che tu ti avviti in questo verso. Perché è la vita.
L’uno è
il naso, l’olfatto, verticale, dal gusto e poi la vista, sfocia al
tatto.
Da sotto spinge al quattro, la carezza, il cuore. Poi
l’imbuto è per l’udito,
per il pensiero, il sesto senso. E lo
sbocco è in apertura. Ma la tensione è al sette,
oltre le
tette, gli occhi, i lobi del cervello. E’ così bello che l’uno
assomigli al sette
e che spinga in alto. I sensi, i chakra,
l’arcobaleno, le note, la settimana, gli elementi:
fuoco, acqua,
terra, aria, etere, pensiero, spirito.
Io esisto, io sento, io
posso, io amo, comunico, comprendo, io sono
I sensi sono sette, cinque per sentire, il sesto per intuire,
il sette è già oltre. Sento nel ritmo del sette che parto lento,
poi accelero, appena ti penso, come fa il cuore che batte,
poi mi calmo sul palmo della tua mano e siamo in due.
Da qui si avvita la colonna della spirale, ed è uomo e donna, sale.
Vale per la materia e l’energia, scienze, misticismo e filosofia.
La legge è reale quando spiega l’universale, il flusso e il tutto.
Al naso di Dante io mi inchino e al suo senso divino, non al caso,
di aver scelto il tre, che io confermo in: io, te e gli altri,
nella danza degli opposti. L’inferno eterno invece per noi oggi
è solo inverno e il purgatorio solo il senso rotatorio della realtà.
Portano, si sa, al sorriso del paradiso sul tuo viso nel cuore alla coscienza.
Accetto anche la terra e la montagna di Dante e le sfere celesti
ma chiedo a te cosa diresti, se tutto non fosse che il nostro corpo?
E’
semplice come dall’uno si arrivi al sette con connessioni strette.
Nel profondo i 7 principi di Deepak corrispondono anche in
ordine
ai chakra nel corpo dove mi sprofondo nel Sahaja Yoga di
Nirmala.
Riemergono nella settimana dai tempi dei Caldei, con gli
dei e atteggiamenti,
pianeti nello spazio e giorni nel tempo,
nello stesso ordine delle note
della musica, unica prova che sono
figlio di dio, della luce, Gesù sei tu,
nei colori
dell’arcobaleno: da coda, colonna, cranio: disegno di unità pieno.
I sette principi danzano con le sette principesse fin sull’orlo al precipizio
come se loro fossero leonesse. Ma loro sono princìpi fin dall’inizio,
le altre sono le ruote dei fiori fino alla fine, che è l’eterno inizio.
Gli uni per il pensiero e la coscienza, le altre per il corpo e l’esistenza.
Ed il sette è sete d’infinito, sintesi, fusione, la rivelazione.
Il sette è saggio, è raggio che sembra lento, essendo a spirale,
ma tutto è vibrazione. Sole, energia, amore così funzionano.
L’uno è l’unità, il tutto, la felicità. Il due sei tu, l’incontro.
Il tre è la ruota, il farsene carico, la responsabilità, la lotta.
Il quattro è la casa, l’angolo, l’angelo, il conforto, il prendere fiato.
Il cinque è il desiderio del viaggio, la direzione, il comando, la rotta.
Il sei sei ancora tu nello splendore del raggio della scelta.
Il sette è il tutto, tu, la sintesi infinita, l’eleganza della danza.
L’esito è la creazione continua, il miele che cola, l’amore e la gioia
Quanto sopra è vero, dice Deepak Chopra, che ha raccolto nel primo principio
la saggezza dei Veda perché la creazione è continua e tutto ci è possibile,
se la nostra coscienza, con l’innocenza di un bambino, tocca la Coscienza
Universale, con lei si fonde e crea, perché è flusso continuo di realizzazione.
Tu lanci un desiderio che si conficca nel silenzio apparente che ti chiama
diventa sinfonia attorno a quella nota, scia alla tua barca e davanti
onda che si apre. Tutto ti ascolta e ti accoglie e la risposta arriva.
Ma tutto è dentro te. E’ nella meditazione la meta iniziale, poi la vedrai
operare nei fatti concreti. Tutta la realtà si piegherà ai tuoi piedi
e tu sei dio e dea, basta che non cerchi il potere al tuo esterno
dove regna invece l’inferno della paura di perdere potere, reputazione,
proprietà, dove impera l’ossessione del comando e del controllo.
Inutilmente perché tutto sfuma, si affloscia in morte e corruzione.
Solo la coscienza, la bellezza, la verità, l’amore, il bene è immortale.
E’ sotto la corteccia della natura, nel silenzio del cervello, nel quanto è bello
il battito del cuore, nell’istinto profondo cui ti devi abbandonare con la fiducia,
la generosità animale e vegetale di non correre a giudicare. Libro del tuo sapere
sia il tuo respiro, l’innocenza interiore, fede, speranza e amore.
Diffida delle dottrine della corruzione, della religione che lega, di chi spiega
i pericoli e promette protezione da inganno, affanno, danno. Sono loro. Tu sei invincibile.
L’unico potere e gioia è al tuo interno. E’ la coscienza, tutto il resto puoi farne senza.
Io l’uno
il fusto, tu il due la foglia, tre il tenerti con la voglia,
quattro
nel piacere di un’altra foglia, cinque ci si avvolge in
desiderio
stretto. Sei già in vortice di opposti che, se lo
accetti, sali
al sette, sotto il sole, nel cuore al fiore dalle
mille ali.
Dalla foglia al cielo capisci che è vero, ti conduco
al centro dove
l’albero della vita è il perno della tua coscienza
nel giardino dell’esperienza,
stantuffo tra la terra e il cielo. E
la legge del dono si avvinghia al tronco.
Io sono Adamo e dove la coscienza mi conduce e tu sei Eva
il pomo, il serpente e la luce, la dea che sapeva che tutto è dono.
Adesso ti porto in quel porto intimo, segreto, nascosto dove
l’incontro di un uomo e una donna è scambio di doni, in quella baia
dove un cucciolo abbaia alla luna, chiama il sole perché è lì
che accovacciato al tepore mi vuole la lupa della vita, mia madre.
Dove il tronco non è monco, il morso non è rimorso, il frutto è tutto.
Tu sei uno e ti alzi all’uno, l’universo, che si versa tutto in te,
se il contatto diretto col tutto è aperto al tuo interno.
Dentro al centro della ruota la coscienza nuota nella meditazione
senza la quale sei niente o sei tutto in ogni tua azione.
E tutto è possibile nel contatto. Questo è il primo principio dell’unità
ed è assoluta felicità, è l’essere e il divenire. E’ nel fluire fin lì
dentro al centro di tutto. Ci arrivi con la mente, ma batte nel cuore.
Tu sei tutto fino al settimo cielo vuol dire che è letteralmente vero
che tu sia in contatto diretto col tutto se togli il tappo, il topo morto
della condizione umana che tutto intoppa, con la mancanza di fede,
di speranza e amore. E per tutte le teorie sul potere, la paura, l’impossibilità…
Sarà la meditazione e il sintonizzarsi su tutta la vita che la farà finita
col blocco, aprirà il flusso, la spirale, l’erotismo universale, l’ascesa.
E tutto questo avviene nel tuo corpo, che è ponte, è orizzonte all’anima.
L’unico islamico che io rispetto e riconosco come fratello è il mistico sufi.
L’unico capitale, la coscienza, in libero mercato, non il fanatismo del profitto.
Il fanatismo ha l’apparente forza di portare la polvere del deserto alle stelle.
Gesù sei tu, se accetti d’essere seme, di andare oltre la morte, tu immortale.
La croce o la mezza luna imperiale è il male. Il dentro che è andato fuori,
vuol comandare la realtà con paura e potere dall’esterno. Questo è l’inferno,
la felicità è per chi sta al centro della ruota, del flusso del tutto, la coscienza.
Sopra l’osso sacro la tua divinità avvolta tre volte dormiente
sotto il tuo sesso attende che adesso la tua coscienza, sapendolo, la scuota,
la chiami a salire per scalini fino alle fontanelle in mezzo ai tuoi capelli
e così nel mezzo del giardino sia tu l’albero della conoscenza, della differenza
tra bene e male, tu abbia la libertà, la responsabilità creatrice del giardino
del corpo. Ti lasci tentare dal serpente che abbandona la terra. Sei tu
il desiderio che sale a spirale a provare a portare il frutto alla bocca.
Adesso tocca a te capire di lasciarti andare alla iniziazione.
E’ la direzione che Eva, la vita, dà ad Adamo nel pomo
da mordere e che il serpente niente è, se non la molla, la coscienza
individuale tua che si avvolge al tronco che capisci resta monco
se non unisce la terra al cielo, se non è dono da mordere e dare,
nel frutto che non è tutto, se non da mangiare morso, sorso da bere
e la divinità sta nell’accogliere la sfida, non nel timore, nel rimorso, nel rimanere.
Mordere il frutto è il nostro destino divino, l’esatto contrario
della storia di chi la racconta al rovescio con rimorso, castigo, punizione,
colpa, ricatto del peccato, che è solo: che peccato non averlo fatto!
La gioia, il ritorno all’Eden, della felicità qui e adesso, offre
una carezza alla tua pelle, la religione una corazza. Divide il corpo dall’anima,
il prima dal dopo, il qui dall’ altrove, ammazza e rimpiazza la tua coscienza.
La natura invece è fiume che non finisce, galassia che non ti lascia, verde che non si perde.
La natura dura perché è sicura di sé, non si cura d’altro se non
di aver premura, è madre la natura e misura la sua natura nel nascere e far nascere,
nella limatura delle angosce, nella sfumatura della paura, nella lotta dura alla tortura
dell’anima insicura che si procura nuova paura dietro una sepoltura
di mura. Lei non ottura, stura, assicura la primogenitura al fiore,
l’andatura al puledro, l’apertura alla pianura, la fioritura al tutto, nella centratura
al cerchio. Si nota che la natura è ruota, nel flusso nuota, noi nous wir we mi nosotros.
Noi siamo cicogne col nido in cima al comignolo lassù in alto.
L’acqua, la terra, la pianura, l’orizzonte li conosciamo, la coscienza sei tu.
Il corpo è una freccia acuminata nel volo, potenti le ali, lunghe
le gambe, il collo, il becco, il viaggio migratorio, il desiderio. La visione
d’insieme che guida tutto il fenomeno dalla punta del becco alle zampe,
uno ed entrambe, è il rosso come l’estremità dell’arcobaleno
dal centro della terra al tramonto del sole. Noi siamo cicogne.
cercare e vivere nell’ordine
cercare e vivere nell’ordine
non è farsi chiudere in prigione
ma cullarsi nelle onde sapendo come
non ti travolgano ti cullino e ti lancino
l’ordine è un ritmo una danza un riconoscersi
al posto giusto nella simmetria della tua natura
nella rotazione nello scivolare nell’avvitarsi della galassia
Alberto Sighele
lascia che sia la galassia a farti il tuo posto
quello giusto che il tuo cuore sospira battendo
come un dono da quando la coscienza ti ha detto ci sono
il tuo corpo, ma perfino da prima, ti costruiva un funzionamento
perfetto nell’adempimento di un ordine di cose meravigliose
la tua natura che dura e viene assieme a quella degli altri
ed è proprio tua ma assieme a loro fa una pianura